13 research outputs found

    Riattivazione dell’infezione cronica da virus dell’epatite C in pazienti affetti da malattie ematologiche maligne linfoidi o mieloidi riceventi chemioterapia e/o immunoterapia. Motivazione: Progetto fattibile, con buon razionale scientifico. Presumibili ricadute positive sulla cura dei pazienti

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    Razionale ed outcome scientifico del progetto L’organizzazione mondiale della sanità stima che nel mondo gli individui infetti da virus dell’epatite C (Hepatitis C Virus, HCV) siano >185 milioni (circa il 3% della popolazione mondiale); di questi, 130-170 milioni di individui sono cronicamente infetti e 350.000 morti avvengono ogni anno a causa di cirrosi e di carcinoma epatocellulare HCV correlato (1). In aggiunta a danni epatici, HCV contribuisce ad un ampio spettro di manifestazioni extraepatiche, quali l’insulino resistenza ed il diabete, la crioglobulinemia mista, la glomerulonefrite ed i linfomi B. La prevalenza di infezione da HCV oscilla tra 1.2% e 3.8% nelle varie regioni del mondo, essendo l’Italia una regione a prevalenza moderata (1.5%-3.5%) (1). La prevalenza stimata di HCV in pazienti con malattie onco-ematologiche è del 1.5% - 32 %, e rappresenta una prevalenza maggiore di quella osservata nella popolazione generale (2-5). Nei pazienti affetti da neoplasie ematologiche maligne l’infezione da HCV presenta aspetti peculiari: 1) L’infezione da HCV aggiunge notevole complessità alla gestione dei pazienti neoplastici per la mancanza di linee guida dedicate a questo gruppo di pazienti (6). 2) La maggior parte degli studi pubblicati ha analizzato l’associazione tra Linfoma non-Hodgkin ed infezione da HCV. Pochi studi sono stati condotti in pazienti con infezione da HCV affetti da altre malattie ematologiche maligne (2,5) 3) La definizione, il rischio e le conseguenze cliniche dell’esacerbazione acuta o della riattivazione di HCV in individui affetti da cancro e riceventi chemioterapia e/o immunoterapia rappresentano aspetti ancora oggi poco definiti rispetto al ruolo di HBV in tale contesto clinico (7-9). 4) Pazienti con malattie onco-ematologiche riceventi trapianto allogenico di cellule staminali (HSCT) hanno un elevato rischio di sviluppare fibrosi e cirrosi HCV correlate (10). 5) L’uso di rituximab nei pazienti onco-ematologici ed in particolare in quelli affetti da linfoma non-Hodgkin, è correlato con l’esacerbazione acuta (incremento di ALT > 3 volte) e la riattivazione di HCV (incremento della replicazione virale > 1 log10 IU/ml) (8,9). 6) La riattivazione di HCV potrebbe ridurre la sopravvivenza dei pazienti affetti da malattie onco-ematologiche per i seguenti motivi: per l’interruzione della chemioterapia anti-neoplastica, per l’impossibilità di usare chemioterapie salvavita e per le interazioni tra farmaci antineoplastici e farmaci anti HCV, quali interferon e ribavirina (6,11,12). 7) Recentemente è stato dimostrato che l’uso della terapia anti- HCV (interferon e ribavirina), nonostante gli effetti collaterali e le relative limitazioni, ha consentito due importanti risultati: a) prevenire la progressione della cirrosi e dello sviluppo dell’epatocarcinoma nei pazienti con cancro (13), b) essere associato ad una prolungata sopravvivenza dei pazienti HCV positivi affetti da linfoma non-Hodgkin (14). 8) Studi su l’efficacia di nuovi farmaci “direct-acting antiviral agents” per i pazienti affetti da malattie onco-ematologico sono necessari; potrebbe essere possibile curare nei prossimi 2-3 anni l'infezione da HCV con brevi periodi (<12 settimane) di terapia antivirale “interferon-free” somministrata durante o dopo la chemioterapia. La cooperazione tra ematologi, oncologi, infettivologi, gastroenterologi ed epatologi potrebbe consentire una gestione integrata multidisciplinare di un complesso problema clinico in assenza di linee guida dedicate a questa tipologia di pazienti. Alcuni aspetti dell’infezione da HCV osservati più frequentemente nei pazienti oncologici (6) rispetto a quelli senza cancro, sono: 1) frequenza di l’infezione occulta 2) rischio più elevato di sviluppare cirrosi 3) frequenza più elevata di progressione di fibrosi 4) possibilità di riattivazione di HCV 5) assenza di trattamento standard 6) prognosi virologica peggiore Fattore predisponente la progressione dell’infezione cronica da HCV negli individui immunocompetenti, ma non ancora estesamente valutato in individui con neoplasie ematologiche maligne è rappresentato dallo studio del genotipo. Uno studio multicentrico (15) ha mostrato che la distribuzione di genotipo 1, 2 e 3 di HCV differisce in relazione alla malattia oncologica nonostante i pazienti provengano dalla stessa area geografica e suggerisce un’associazione causa effetto per il genotipo 2 con l’insorgenza di linfoma non Hodgkin. Obiettivi/Endpoints principali di progetto: 1) valutare l'incidenza della riattivazione di HCV in pazienti con neoplasie ematologiche maligne linfoidi o mieloidi riceventi chemioterapia e/o immunoterapia. 2) valutare la relazione tra malattie ematologiche e l’esacerbazione acuta di infezione cronica da HCV, confrontando le caratteristiche cliniche dei pazienti con esacerbazione acuta vs quelli che non manifestano esacerbazione acuta. 3) valutare la riattivazione di HCV in funzione della tipologia di malattie ematologiche maligne ed in relazione ai tipi di chemioterapie 4) correlazione tra esacerbazione acuta di infezione cronica da HCV e riattivazione virale 5) valutazione dell’ esacerbazione acuta e la riattivazione di HCV in pazienti sieropositivi per HCV con HCV-RNA non determinabile

    A Nanoplasmonic-Based Biosensing Approach for Wide-Range and Highly Sensitive Detection of Chemicals

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    In a specific biosensing application, a nanoplasmonic sensor chip has been tested by an experimental setup based on an aluminum holder and two plastic optical fibers used to illuminate and collect the transmitted light. The studied plasmonic probe is based on gold nanograting, realized on the top of a Poly(methyl methacrylate) (PMMA) chip. The PMMA substrate could be considered as a transparent substrate and, in such a way, it has been already used in previous work. Alternatively, here it is regarded as a slab waveguide. In particular, we have deposited upon the slab surface, covered with a nanograting, a synthetic receptor specific for bovine serum albumin (BSA), to test the proposed biosensing approach. Exploiting this different experimental configuration, we have determined how the orientation of the nanostripes forming the grating pattern, with respect to the direction of the input light (longitudinal or orthogonal), influences the biosensing performances. For example, the best limit of detection (LOD) in the BSA detection that has been obtained is equal to 23 pM. Specifically, the longitudinal configuration is characterized by two observable plasmonic phenomena, each sensitive to a different BSA concentration range, ranging from pM to µM. This aspect plays a key role in several biochemical sensing applications, where a wide working range is required

    A Nanoplasmonic-Based Biosensing Approach for Wide-Range and Highly Sensitive Detection of Chemicals

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    In a specific biosensing application, a nanoplasmonic sensor chip has been tested by an experimental setup based on an aluminum holder and two plastic optical fibers used to illuminate and collect the transmitted light. The studied plasmonic probe is based on gold nanograting, realized on the top of a Poly(methyl methacrylate) (PMMA) chip. The PMMA substrate could be considered as a transparent substrate and, in such a way, it has been already used in previous work. Alternatively, here it is regarded as a slab waveguide. In particular, we have deposited upon the slab surface, covered with a nanograting, a synthetic receptor specific for bovine serum albumin (BSA), to test the proposed biosensing approach. Exploiting this different experimental configuration, we have determined how the orientation of the nanostripes forming the grating pattern, with respect to the direction of the input light (longitudinal or orthogonal), influences the biosensing performances. For example, the best limit of detection (LOD) in the BSA detection that has been obtained is equal to 23 pM. Specifically, the longitudinal configuration is characterized by two observable plasmonic phenomena, each sensitive to a different BSA concentration range, ranging from pM to µM. This aspect plays a key role in several biochemical sensing applications, where a wide working range is required

    Integrated Reconfigurable Silicon Photonics Switch Matrix in IRIS Project: Technological Achievements and Experimental Results

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    This paper reports the performances of a silicon photonics optical switch matrix fabricated by using large scale 3D integration. The wavelength selective optical switch consists of a photonic integrated circuit (PIC), with 1398 circuit elements, interconnected in a 3D stack with its control electronic integrated circuit (EIC). Each PIC element can be trimmed or reconfigured by using metallic heaters. The EIC is designed to drive the heaters and to read the signal of monitor photodiodes integrated into the PIC. Small footprint and high energy efficiency are achieved in the PIC and the EIC. Automatic wavelength alignment of the optical circuits in the PIC to the ITU grid and fine temperature tuning of each photonic element to optimize the switch insertion losses are obtained by an optimization routine. A fully packaged switch with input/output fibers is tested both for optical and electrical characteristics as well as for the system performances. Fiber to fiber insertion losses of about 20 dB and channel isolation of -35 dB are achieved. BER characteristics at 25 Gbps are evaluated. Perspective applications of the optical switch in optical transport and intra-data center networks are discussed

    A 3D photonic-electronic integrated transponder aggregator with 48Ă—16 heater control cells

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    An electronic integrated circuit (EIC) and a silicon photonic integrated circuit (PIC) are three-dimensional (3D)- integrated. The EIC using the complementary metal-oxide-semiconductor (CMOS) part of STMicroelectronics’ BCD8sp 0.16μm technology controls all 768 switches in the PIC individually and monitors them with 84 transimpedance amplifiers (TIAs). A scalable analog-digital approach with a cell size of 100×100μm² for thermal control of optical ring resonator switch matrices is introduced. An electrical power consumption of 220mW for all electronic control circuits of the optical swi tch matrix is resulting in 5.5% of the power needed by a constant-voltage control approach
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